Artisti polacchi in Valcamonica
Secondo una convinzione romantica, il processo creativo può essere paragonato a un viaggio. L’artista, nel suo eterno vagare, apparentemente senza senso e senza significato, raggiunge il mistero nascosto nell’inconscio, nella struttura primordiale del logos. L’atto creativo stesso, d’altra parte, è innescato dall’emozione e dalla memoria. Quest’ultima è a volte incompleta e sto ancora dialogando tra l’immaginazione e l’esperienza reale, l’idea di momenti e il collage di ricordi.
L’area della Valle Camonica ha un’enorme gravitazione. È qui la memoria torna alle origini e la storia lascia tracce indelebili. Antiche incisioni rupestri, un tempio di Minerva, un anfiteatro romano, innumerevoli chiese medievali, santuari e una natura spettacolare. Le cime innevate delle Alpi si ergono sulla valle della Lombardia orientale e i laghi brillano dell’azzurro di acque limpide. La storia della Valle Camonica inizia con la fine dell’ultima glaciazione, circa quindicimila anni fa, quando un ghiacciaio in scioglimento scavò la valle. A partire dal Neolitico, le popolazioni cominciarono a insediarsi qui. Le fonti storiografiche menzionano una comunità chiamata Camuni (greco – Καμοῦνοι, latino – Camunni). Questo popolo ha lasciato testimonianze culturali sotto forma di famose incisioni rupestri, che hanno reso la Valle Camonica il più grande centro di arte rupestre d’Europa (n. 94 dell’UNESCO) e una delle più importanti collezioni di petroglifi preistorici al mondo.
Influenzati dal momento, abbiamo preparato una mostra che è una forma di dialogo artistico sul viaggio, la scoperta, lo spirito del luogo, la memoria – nel senso di patrimonio culturale – o di rispetto per una vita semplice al di fuori di una metropoli rumorosa. Per noi, territori come la Valcamonica, con le sue cime, i suoi laghi e le sue isole, sono la metafora di un punto di confine, come una pelle che ha la funzione di ricevere in modo sensibile gli stimoli del mondo esterno. Qui si vive un ritmo diverso, fuori dalla follia della modernità in un luogo permeato dalla storia di innumerevoli generazioni: una fusione, non un „semplice” rispetto della natura, ma una vera e propria mutualità, una cooperazione e una sinergia.
I protagonisti di questa presentazione sono artisti polacchi di fama mondiale, Tomasz Pietrek e MarlenaPromna – professori all’Accademia di Belle Arti di Breslavia, Wilga Badowska da Danzica, e Andrzej Borowski, da all’Accademia di Cracovia. Gli artisti polacchi sono venuti qui per confrontare l’immaginazione con la realtà e per incontrare personalmente il simbolo, il paesaggio e la memoria. Quali emozioni ha suscitato questo incontro? Qual è stato il risultato della loro ricerca, cosa ci hanno lasciato dopo la loro visita. Sono riusciti a cogliere lo spirito del luogo? Scopritelo voi stessi guardando la nostra piccola mostra.
Andrzej Borowski è un pittore, un mistico viandante, un poeta che vive ai confini di mondi diversi, sensibile come un barometro alle loro varie atmosfere. Il suo viaggio è sempre in corso, non finisce mai. Il ricordo delle immagini originali, la rete di connessioni, la ricchezza di riferimenti, gli appunti presi in varie situazioni, le reminiscenze dal passato, le sensazioni, le emozioni e infine l’intuizione: ecco le fondamenta su cui costruisce i suoi dipinti. Non ama definirli onirici. Non hanno granché in comune con la dimensione del sogno. Non ama nemmeno quando lo chiamano “paesaggista”. Ed è giusto così. “Paesaggista” è una parola superficiale, troppo poco capiente nel suo significato. Il Pittore non descrive la natura. Sebbene non abbia abbandonato il carattere illustrativo delle rappresentazioni, diventando il loro incorporeo osservatore ha avvicinato la sua arte ai confini della metafisica. E non si tratta in alcun modo qui del punto di osservazione in sé, ma del luogo della creazione alla luce del contesto, della proiezione della pura consapevolezza dell’“esserci”.
Wilga Badowska, una pittrice del nord, che vive a pochi passi dalle spiagge del Mar Baltico, nella sua natura romantica di esploratrice persiste instancabilmente da decenni. C’è un’inquietudine e una ricerca incessante in lei. Delle radici civili. Dei segni sfocati. O forse di connessioni temporali in strati culturali e tracce di materia. Crea opere capienti di significato, in cui ogni dettaglio conta. Affonda le radici nei simboli culturali. È un messaggio codificato. Deve essere guardato in profondità. Allora si può sperimentare una profonda consapevolezza dell’armonia universale che lega animali, uccelli e piante in un unico organismo. È così che si può sentire un’identità con la vita che si manifesta in varie forme straordinarie. Guardando all’interno, sotto il rivestimento dei fenomeni, si trovano del misterioso, dell’indicibile, dell’appena percettibile e del bello.
Una caratteristica permanente del lavoro di Marlena Promna è la sintesi. Combina diverse aree di esplorazione pittorica, spesso estreme, in cui è importante muoversi tra diverse modalità di rappresentazione, dettate dal desiderio di creare la migliore registrazione possibile dei contenuti. Le sue espressioni si collocano sempre nella zona „tra” geometria e bioforma, astrazione e figurazione, metafora e letteralità. Durante il suo soggiorno in Italia, l’artista ha creato una serie di appunti di viaggio.